Il manifesto romantico di un provetto artista
La bella pittura del maestro Alfani potrebbe definirsi un insieme di consapevoli e luminose parabole dell’anticontemporaneità.
Per ottenerle l’artista gioca, grazie alla sua altissima manualità pittorica, su vari generi e modelli: i paesaggi (atemporali e dai cieli inquieti),
i ritratti, di una lenticolarità ma come trasognata (si pensi al bellissimo ritratto del poeta Luzi); le scene mitico-contemporanee
delle giovani donne a cavallo e sull’acqua; infine, ma forse in primis, le nature morte nelle quali maestro Andrea assomma un’intensa
espressività ad una perfezione cromatica e rappresentativa.
Due parole di biografia: Alfani è fiorentino per antica stirpe, diplomatosi come geometra si è poi laureato in architettura.
Votato e vocato al disegno fin dall’infanzia ha arricchito e perfezionato questa indole con più anni di scuola di nudo,
con la ben nota insegnante Sandra Batoni. Per il resto un tranquillo e costante lavorare volontariamente appartato,
ma sorretto dal consenso di molti, nelle svariate mostre che hanno ottenuto sempre ottimo successo.
Vale aggiungere che ognuno di questi dipinti è una scena incantata, fuori del tempo quotidiano e dello
spazio riconoscibile (fatta eccezione per rare incursioni sulla scena urbana), volto piuttosto al mitico
e al simbolico, secondo quello spirito romantico che è il grande stemma di Andrea Alfani. Ma non sfugga
all’osservatore il sapiente equilibrio compositivo che distingue ogni sua opera, sia un paesaggio sia una
natura morta, giacché l’equilibrio è giustamente per Alfani l’estetico presupposto di ogni bellezza.
Non tutto è così semplice. Infatti se il romanticismo ha in lui una personalissima e radicale vocazione e,
nello stesso tempo si nutre di una tradizione storico pittorica insigne (più avanti vedremo soprattutto di chi),
tale romanticismo è nutrito di un curioso e interessante ossimoro: per un verso è un luminoso richiamo a valori
e rappresentazioni intenzionalmente del passato; per un altro verso invece sembra possedere una carica – fra ironia e polemica –
contro il proprio tempo e soprattutto contro l’andazzo della perduta 'bella pittura'.
Alfani, pittore romantico. Non è difficile deciderlo guardando i suoi quadri e soprattutto rileggendo
una da lui più volte riferita frase di un grande pittore fra Sette e Ottocento. La frase dice: “L’unica autentica fonte
dell’arte è il nostro cuore. Ogni vera opera d’arte viene concepita in un’ora sacra e nasce in un’ora felice”.
L’autore di questa poetica è Caspar David Friedrich. Si tratta del celebre artista tedesco quasi inventore del ‘paesaggio simbolico’,
fondato su effetti di luce da lui scelti quale artista che per primo entrò – e meglio rappresentò – il clima del romanticismo tedesco.
Un artista in compagnia, ognun sa, di pensatori come Schlegel e Schelling, di musicisti come Beethoven. Di questo mistico della natura,
intesa come opera divina e tendente al sublime, Alfani, per naturale inclinazione, ripercorre le intenzioni,
ma facendolo nella postmodernità del Duemila, conferisce alle sue opere un’energia di rottura che non stupisce
l’osservatore, perché è come illuminata dal senso della bellezza che Alfani possiede e che trasferisce sui suoi dipinti.
Chi osservi questi dipinti non farà fatica a pronunciare un altro nome celebre, quello di Turner e
dei suoi mitici paesaggi; dal quale pittore Alfani ha preso anche quella magia di sfumare le figure,
cioè di creare un’atmosfera il cui filo rosso può risalire addirittura alla leonardesca ‘Vergine delle rocce’.
Altri nomi della fortunata congrega romantica o postromantica, alla cui corte Alfani si pone a buon diritto,
come alfiere, possono essere Constable o se volete Moreau, fino a certe eleganze della Art Nouveau.
A questo ricco bagaglio, visionario e simbolico, Alfani pittore fiorentino, di certo rispettoso
della grande tradizione figurativa toscana senza esserne vittima, assomma un’esperienza derivata
da più fonti: la memoria adolescenziale e paterna, gli studi di architettura, la libera scuola
di nudo a lungo frequentata.
S’è detto che il pittore lavora su più generi. Dei paesaggi e del loro spirito romantico si è accennato.
Bisogna subito aggiungere che queste scene di paesaggio miscelano, con insistita frequenza, vasti spazi
imprecisabili, cieli carichi di nimbi e di vortici – talora colti negli splendori del tramonto o dell’alba –
con la presenza costante dell’acqua: ruscelli, cascatelle, fiumi fra le rive, mare aperto. Fra cielo e acqua
balzano, vivono, galoppano cavalli spesso bianchi (di perfetta fattura) sui quali si librano giovani figure
di donne coperte di vesti leggere, talora vere tuniche che non ne mortificano le nudità (ma attenzione, il
maestro da qualche tempo dedica la sua arte anche alla figura maschile della quale presto si vedranno
interessanti esempi).
Il femminile che è bellezza, il cavallo che è la vivace eleganza animale, cieli e acque che sono
la natura indifferente e beata, compongono quella che all’inizio abbiamo definito una parabola del
‘sentimento del bello’. Il tutto raggiunto grazie – vale finalmente dirlo – alla straordinaria
perizia pittorica di questo disegnatore di colori.
L’acceso cromatismo, l’equilibrio fra le forme, la grazia dei riflessi, danno vita invece alle
splendide nature morte di Andrea Alfani. Situate per lo più asimmetricamente su sfondi di paesaggio
pittoricamente significativo, esse rimandano alla grande stagione seicentesca della natura morta
che perfino al femminile - l’Anguissola, la Fede Galizia – trovò insuperabili modelli.
Perizia fisiognomica, ma insieme una vaporosa trasparenza che evidenzia il lineamento ma insieme
gli toglie ogni rozzo realismo, distinguono i notevoli ritratti del nostro artista. In alcuni dei
quali egli attinge per dir così una involontaria modernità che è figlia anche della sua perizia
psicologica.
Di rado Alfani situa i suoi dipinti su scenari urbani. È il caso di certe figure giovanili sedute
sulle spallette ben riconoscibili dell’Arno presso il fiorentino Ponte Vecchio. Alfani si spinge
perfino – lui così amante di paesaggi trascendenti – a rappresentarci, con incredibili eleganze
di sfumato, uno scorcio di canali veneziani.
Il critico può anche congetturare che la vittoriosa pittura del nostro artista volga, per dir così,
ad un’epica della felicità. E l’odierno, non sembra il tempo migliore. Alfani dipinge ragazze in
bianchi peripli: oggi le donne vestono indumenti unisex. Alfani dipinge tanti cavalli bianchi:
oggi i cavalli sono scomparsi dalla nostra scena. Il pittore sciorina grandi cieli e nimbi
all’orizzonte: nelle nostre città si vedono solo fettine di cielo fra i tetti.
Del resto Alfani ama gli ossimori: il finito e l’indefinito; l’esatto e il vago; il luminoso
e il luminescente. Oppone al frettoloso frastuono dell’oggi la silenziosa lentezza delle sue
rappresentazioni. Insomma v’è, quasi come un manifesto, l’aspirazione ad una serenità mitica
che superi il caos (anche pittorico) del post-moderno.
Perché tutto questo non è solo la pittura di Andrea Alfani ma anche una sua filosofia.
Del resto una volta ci ha detto: ‘dipingo per raccontare me stesso; e poi quasi una
protesta contro il mondo d’oggi’.
Un artista poco inserito, si direbbe, nello scenario contemporaneo. Ma proprio per questo
la sua presenza artistica ha un significato importante ed è figlia di una preziosa originalità.
Pier Francesco Listri